ISU e storytelling, una storia d’amore

A qualcuno importa degli ISU Skating Award? Seriamente, al di là dell’organizzatore, interessato a fare soldi, a chi interessano? Gli ISU Skating Award sono nati male e stanno proseguendo peggio. L’annuncio che ci sarebbe stato quest’evento, non un evento in più nel pattinaggio, ma in sostituzione del consueto gala del mondiale, è arrivato parecchio tempo dopo che i biglietti erano stati messi in vendita, ed è la prima scorrettezza. Se io compro il biglietto per vedere uno spettacolo, poi voglio vedere quello spettacolo. Mi può andare male, nel senso che il pattinatore che vorrei vedere si infortuna e non partecipa, o che lo spettacolo è di qualità inferiore alle aspettative, perché tutti o quasi combinano disastri, o possono esserci altri problemi. Nel pattinaggio non può accadere, il tempo è fisso, ma ricordo quando, nel 1988, Steffi Graf si è scusata con gli spettatori dopo aver sconfitto Natalia Zvereva per 6-0, 6-0 nella finale del Roland Garros in soli 34 minuti, perché aveva offerto uno spettacolo davvero breve. Ma un conto è quando c’è un imprevisto, un conto è quando gli organizzatori cambiano le carte in tavola dopo aver già fatto cassa. No, grazie, io non ho mai guardato un red carpet in vita mia e non intendo iniziare ora, per me il pattinaggio artistico è costituito dalle gare e, al termine delle gare, dai gala. Ho visto programmi bellissimi nei gala. Uno dei miei primi ricordi di pattinaggio è Petr Barna con il suo Charlie Chaplin. Io sono diventata una fan di Barna per il gala, solo dopo l’ho apprezzato anche nelle gare. A livello europeo fra gli uomini era per lui che tifavo. Ma se non avessi visto quel gala avrei mai tifato per lui? E programmi divertenti, o memorabili per un altro motivo, ne ho visti tanti.

Poi c’è stato il problema del costume di Anton Shulepov. Fin dalla sua prima apparizione quel costume, con la stella di Davide in bella evidenza, è stato criticato dalle varie comunità ebraiche nel mondo. Il programma vuole ricordare la Shoah, ok, ma di programmi dedicati alla Shoah nel corso degli anni ce ne sono stati tanti. Penso a Jason Brown quest’anno, o, visto che siamo in Italia, a Charlene Guignard-Marco Fabbri alcuni anni fa, ma ne potrei citare parecchi. Non ricordo analoghe polemiche per i costumi degli altri atleti. Visto che sei milioni di persone sono state ammazzate – ok, non erano proprio tutti ebrei, ma la maggior parte sì – forse sarebbe stato il caso di ascoltare le proteste di una comunità che si è sentita ferita. Shulepov ha proseguito con il suo costume, l’ISU dopo le polemiche per la nomination ha detto di aver sbagliato a inserire la foto spiegando che avrebbe voluto inserire quella del programma corto. Un normale dolcevita nero abbinato a pantaloni neri. Chi sta prendendo in giro l’ISU, tutti gli stilisti che lavorano nel pattinaggio? Probabilmente, insieme a tutto il pubblico. Non che poi la foto sia stata davvero sostituita, in questo caso per l’ISU è bastata la dichiarazione d’intenti.

I sistemi di votazione lasciano perplessi, ma non ho voglia di approfondire. L’assurdo è che, parecchio tempo dopo che le votazioni sono state aperte, sono stati aggiunti diversi nomi. Ma come si fa a considerare seria una votazione quando alcuni candidati vengono aggiunti più tardi rispetto agli altri? È stato bello anche scoprire che le coppie di artistico non esistono, visto che non c’è un solo finalista per questa disciplina in nessuna delle categorie.

Poi ci sarebbe tutto il discorso sulla piccolissima  porzione di pista lasciato a quei pochi pattinatori scelti per fare davvero il gala, con il resto della pista, circa 2/3, occupato dal palco. Non lo faccio, mi limito a citare il problema, perché dovrei cercare le piantine ufficiali e non ne ho il tempo. Comunque mentre i pochi pattinatori prescelti si sarebbero esibiti su un fazzoletto di pista, una buona parte del pubblico pagante si sarebbe ritrovata impossibilitata a guardare le esibizioni dei pattinatori per colpa del palco che avrebbe ostruito la loro visuale. Dettagli, da quando chi compra il biglietto ha il diritto di assistere davvero allo spettacolo per cui ha pagato?

La ciliegina sulla torta è arrivata oggi, con le schede dedicate dall’ISU ai tre finalisti nella categoria Most valuable Skater. La definizione ufficiale del premio specifica “Honors the Single Skater or Pair or Ice Dance Couple who best managed to increase the level of popularity of Figure Skating with their fan base, media attention and sponsor appreciation“. Ok, vediamo le schede dei finalisti. Gli screenshot provengono dal sito ufficiale dell’ISU. Sul sito sotto la scheda è possibile cliccare sul video e guardare la performance degli atleti. Visto che l’intera immagine non entrava nello screenshot l’ho tagliata, lasciando solo quanto basta per far capire a quale video è stato inserito il link. Gli atleti sono presentati in ordine alfabetico.

Nathan Chen

Gabriella Papadakis-Guillaume Cizeron

Yuzuru Hanyu

Se mai avessimo avuto dubbi sul fatto che lo storytelling sia potente nel mondo del pattinaggio, ora abbiamo avuto la certezza. Prima era solo questione di voti dati in maniera molto fantasiosa – ma ovviamente sono solo i maligni Fanyu che si lamentano senza ragione – e di media americani che facevano propaganda, ma quando la propaganda viene fatta dall’ISU, che dovrebbe essere neutrale e promuovere l’intero sport e non un singolo atleta, allora ci dobbiamo davvero preoccupare.

Ok per la scheda di Papadakis-Cizeron, coppia che adoro e che ha effettivamente fatto ciò che viene riportato nella scheda, anche se ad aiutarli a rompere la barriera dei 200 punti è stata una modifica nel codice dei punteggi. La modifica però c’era per tutti, almeno se manteniamo il nostro sguardo limitato agli atleti in attività e non guardiamo un po’ più indietro, quindi con loro non ci sono particolari problemi.

Vediamo le altre due schede.

L’affermazione che Chen sia stato il primo a eseguire quattro quadrupli nello stesso programma va presa con cautela. Chen lo ha fatto al campionato nazionale 2016, e mi chiedo da quando ciò che viene fatto in un campionato nazionale abbia rilevanza a livello internazionale. Se escludiamo la finale di Grand Prix 2015, dove ha ricevuto un GOE negativo per un quadruplo Salchow con step out, a livello internazionale il primo a riuscirci è stato Boyang Jin al Four Continents Championship 2016. Sto cavillando? I record valgono se vengono stabiliti nelle competizioni internazionali, e nemmeno in tutte, solo in quelle che rispettano determinati criteri, e non sono io a dirlo ma l’ISU. Non discuto invece sui cinque quadrupli, su quelli non c’è dubbio che Chen sia stato il primo, e l’ISU si è pure dimenticata di scrivere che, a tutt’oggi, Chen è stato l’unico pattinatore a completare cinque tipi diversi di quadrupli. Il loop lo ha eseguito una volta sola e in una gara minore, ma lo ha fatto ed è giusto che gli venga riconosciuto. Ho problemi grossi con il seguito però.

Chen ha vinto la medaglia di bronzo al team event di PyeongChang, vero. Ora voglio sapere quante nazioni, al di là di Canada, che ha vinto l’oro, Russia (anche se a PyeongChang gli atleti non potevano essere definiti russi perché invece di squalificare chi si dopa e lasciare in pace gli altri, è meglio usare soluzioni raffazzonate), che ha vinto l’argento, e Stati Uniti, che ha vinto il bronzo, sono competitive in tutte e quattro le discipline. Fuori i nomi se qualcuno li conosce, perché a me non ne vengono in mente, e lo dico da italiana con l’Italia che è arrivata quarta. Guardiamo la classifica del Team event.

Totale Men Ladies Pairs Ice Dance
1 Canada 73 8 10 8 8 9 10 10 10
2 O.A.f. Russia 66 3 9 10 10 10 8 8 8
3 USA 62 7 8 6 9 7 7 9 9
4 Italia 56 6 7 9 7 4 9 7 7
5 Giappone 50 10 6 7 6 3 6 6 6
6 Cina 4 4 6 6
7 Germania 2 3 8 3
8 Israele 9 1 2 1
9 Repubblica di Corea 5 5 1 2
10 Francia 1 2 5 5

Per l’Italia Matteo Rizzo è stato bravissimo, ma a partire proprio dalla stagione olimpica si è reso protagonista di una crescita notevole che lo ha reso uno dei più forti pattinatori italiani di sempre, prima i nostri uomini, con rarissime eccezioni, erano molto meno competitivi, e anche Marchei-Hotarek a PyeongChang si sono esaltati. Le loro straordinarie prestazioni non erano prevedibili. Eppure il distacco fra il terzo e il quarto posto è notevole. Il Giappone è fortissimo nelle discipline individuali, stenta molto a trovare coppie valide, ed è ancora più in giù. Il difficile, per i pattinatori delle tre nazioni che sono salite sul podio, era entrare in squadra, non vincere una medaglia. Quella era automatica (e non sto dicendo che i giudizi sono stati falsati, ma solo che sapevamo in anticipo chi erano i più forti), la gara ha solo stabilito il colore. Chen ha disputato il solo programma corto. Quanto è stato importante il suo contributo?

Programma Atleta Rank USA CAN RUS ITA JPN
Men SP Chen 4 7 8 3 6 10
Men FS Rippon 3 8 10 9 7 6
Ladies Sp Tennell 5 6 8 10 9 7
Ladies FS Nagasu 2 9 8 10 7 6
Pairs SP Knierim-Knierim 4 7 9 10 4 3
Pairs FS Knierim-Knierim 4 7 10 8 9 6
Ice Dance SP Shibutani-Shibutani 2 9 10 8 7 6
Ice Dance FS Shibutani-Shibutani 2 9 10 8 7 6

La prima colonna indica la disciplina e il programma, corto o libero. Nella seconda ho indicato i nomi degli atleti. Nella terza la posizione di classifica raggiunta dall’atleta in questione. Nella quarta quanti punti sono stati ottenuti dagli Stati Uniti per la prestazione di quel particolare atleta. Le successive quattro colonne indicano quanti punti hanno ottenuto, in quella particolare fase di gara, gli atleti di ciascuna delle nazioni che hanno partecipato a tutte le fasi della gara. In rosso sono evidenziati i punteggi inferiori rispetto a quelli degli atleti americani. Il contributo di Nathan Chen a quella medaglia è stato uno dei meno significativi. Solo Bradie Tennell ha fatto peggio di lui, ma Tennell era chiusa in una competizione che comprendeva alcune pattinatrici straordinarie quali Evgenia Medvedeva (argento nell’individuale e due volte campionessa del mondo), Carolina Kostner (che nella stagione ha quasi sempre presentato programmi corti meravigliosi, campionessa del mondo 2012 e medaglia di bronzo olimpica quattro anni prima), Kaetlyn Osmond (bronzo nell’individuale, campionessa del mondo un mese più tardi) e Satoko Miyahara (che un mese più tardi avrebbe vinto la sua seconda medaglia mondiale, un bronzo). Chen ha sì affrontato atleti forti come Shoma Uno e Patrick Chan, che gli sono finiti davanti, ma è anche arrivato alle spalle di Alexei Bychenko, che a livello mondiale non ha mai fatto più di un quarto posto, e dei diretti rivali ha superato il solo Mikhail Kolyada, che è riuscito a sbagliare tutti gli elementi di salto con una caduta sul quadruplo Lutz iniziale, una seconda caduta sul quadruplo toe loop della combinazione, a cui ovviamente non è riuscito ad attaccare il secondo salto, e un Axel solo singolo ed escluso dal punteggio, e un Matteo Rizzo in crescita ma meno forte di come è ora. Certo, Chen ha vinto il bronzo a squadre, ma deve ringraziare i compagni, perché se fosse stato per lui la medaglia sarebbe andata a un’altra nazione. Va bene, smetto di andare a guardare i dettagli, indipendentemente da come l’ha vinta, quella medaglia l’ha vinta davvero.

Due volte campione del mondo, vero, e non sto a commentare su come sono arrivate le due vittorie, vincitore della finale di Grand Prix, e il numero di volte non viene indicato, vincitore del Four Continents Championship e quattro volte campione nazionale. Il bello viene ora: “Chen sets an example by combining high-level studies and skating“.

Yale vale punti per il ranking ISU? No, davvero, il dubbio è lecito. Fino a quando sono i media americani a fare propaganda è un conto, dà fastidio ma i media vogliono attirare pubblico e molti di loro hanno dimenticato cosa sia scrivere la verità senza provare a influenzare l’opinione pubblica. L’ISU però dovrebbe essere al di sopra delle parti. Guardiamo i partecipanti all’ultima Universiade. Riporto solo i nomi di chi ha vinto almeno una medaglia a livello continentale: Matteo Rizzo, Maxim Kovtun, Morisi Kvitelashvili, Alexander Samarin, Mai Mihara ed Elisabet Tursynbayeva. Se mi sposto alla precedente edizione trovo i nomi di Denis Ten, Michal Brezina, Elena Radionova, Elizaveta Tuktamysheva e Alena Leonova. E poi ci sono tutti quelli che frequentano l’Università, all’Universiade non ci vanno, ma partecipano ugualmente al Campionato del mondo, atleti come Vincent Zhou, Jason Brown, Shoma Uno, Boyang Jin, Mikhail Kolyada (lui però non è più uno studente, si è laureato), Nam Nguyen, Kaori Sakamoto, Evgenia Medvedeva, Satoko Miyahara… potremmo davvero andare avanti a lungo, mi sono limitata a controllare i migliori classificati all’ultimo Campionato del mondo (e nemmeno tutti quelli che hanno preso parte al libero) in due sole discipline, uomini e donne, e se le donne sono di meno è solo perché sono più giovani e molte studiano ancora alle scuole superiori e non all’Università. E poi c’è tal Yuzuru Hanyu, che studia alla Waseda. Ma suppongo che Waseda, una delle più prestigiose Università giapponesi, non conti nulla rispetto a Yale, vero? Citare Yale a ogni occasione possibile per Chen e non citare il fatto che anche gli altri studiano è una mancanza di rispetto per tutti gli altri. Certo, le schede riguardano solo due atleti fra gli uomini e una coppia di danza, ma quando si ascoltano le telecronache o si leggono gli articoli c’è una sola università che viene citata in continuazione.

C’è un’ultima frase a chiudere la scheda: “He contributes to the popularization of men’s skating in the Usa and worldwide“. Visto che quando mi ci metto vado a guardare i minimi dettagli, ho fatto una ricerca su Google Trends:

Il punto in cui i dati di Hanyu e Chen si toccano (in realtà il dato è 29 Hanyu, 28 Chen) è la settimana che va dal 20 al 26 ottobre. Per inserire nel contesto, fra il 18 e il 20 ottobre Chen ha vinto Skate America, quindi ovviamente si è parlato di lui, e l’interesse per lui ha sfiorato l’interesse per Hanyu, fra il 25 e il 27 Hanyu ha vinto Skate Canada, e immediatamente dopo il suo successo c’è stata un’impennata di ricerche. Il picco più alto (Hanyu 100, Chen 45) è la settimana successiva alla finale di Grand Prix (8-14 dicembre) a cui hanno partecipato entrambi. L’unico momento in cui Chen supera Hanyu (37 a 75) è nella settimana che va dal 26 gennaio al 1 febbraio, immediatamente dopo il campionato nazionale statunitense. Hanyu interessa solo ai giapponesi o al massimo agli asiatici? Non esattamente. I cinesi non entrano nel discorso perché il loro principale motore di ricerca non è Google. Vediamo da dove vengono fatte le ricerche.

Per questo screenshot ho dovuto fare un montaggio e impostare l’interesse per Chen per vedere dove è più ricercato. A quanto pare Chen è molto ricercato in Giamaica (100% di ricerche), Kazakistan (64%Chen, 36% Hanyu), Stati Uniti (50% a testa, nella patria di Chen!), Bulgaria (60% Hanyu, 40% Chen, cioè il quarto stato in cui Chen è molto ricercato è uno stato in cui cercano di più il suo avversario) e Russia (61%Hanyu, 39% Chen). Per quanto riguarda Hanyu, totalizza il 100% delle ricerche in Brunei, Mongolia, Cambogia, Georgia, Lettonia, Bolivia, Paraguay, Guatemala, Venezuela, Portogallo, Bielorussia, Marocco, Colombia, Egitto e Iran. Sono quasi tutte nazioni in cui il pattinaggio è inesistente, ma questo prova che quando una disciplina è sconosciuta arriva davvero solo la fama di chi quella disciplina la rappresenta. Vediamo le nazioni fino al 90%, quindi con una maggioranza di ricerche schiacciante: Messico, Vietnam, Cile, Filippine, Perù, Ungheria, Thailandia, Romania, Indonesia, India, Argentina, Svezia, Singapore, Malaysia, Polonia, Emirati Arabi Uniti, Spagna, Germania, Norvegia e Brasile. Aggiungo un ultimo gruppo di nazioni, quelle in cui il nome di Hanyu viene ricercato fino al 75% delle volte, i 3/4, comunque una notevole differenza: Irlanda, Paesi Bassi, Arabia Saudita, Ecuador, Turchia, Hong Kong, Slovenia, Italia (87% contro 13%), Croazia, Austria, Francia, Australia, Finlandia, Nuova Zelanda, Regno Unito, Repubblica Ceca, Taiwan Giappone (80% contro 20%), Israele, Ucraina, Panama e Svizzera.

Ho fatto anche un altro controllo, senza numeri, approssimativo, ma che mostra quanto i rispettivi fan seguano gli atleti. Sono alcuni screenshot presi subito dopo che gli atleti hanno terminato la loro prestazione. L’idea era vedere la quantità di omaggi che ricevono. Ho cercato di prendere l’istante in cui la pista si vede meglio, ma è ovvio che mi sono dovuta affidare alle telecamere, e in qualche caso il regista non ha mostrato belle inquadrature della pista. Comincio con Nathan Chen.

Finale di Grand Prix 2018. La gara è stata disputata in Canada. Chen aveva già vinto la competizione l’anno prima ed era il Campione del mondo in carica. Short program:

A volte gli omaggi sono quasi invisibili, ma qui la pista sembra davvero pulita. Ci sono un paio di flower sul fondo, suppongo che qualcosa abbiano raccolto. Free Skate:

Stavolta è arrivato qualcosa di più. Salto il Campionato del mondo di Saitama perché si è svolto in Giappone e il pubblico poteva essere di parte. Non mi faccio problemi però ad andare a una competizione in cui se il pubblico era di parte, lo era a favore di Chen. Questo è Skate America 2019, con Chen che a questo punto ha già vinto due finali di Grand Prix e due Campionati del mondo. Short Program:

Effettivamente il pubblico lo ha apprezzato. Free Skate:

Mi sposto in Francia per l’Internationaux de France. Short Program:

Free Skate:

Ultima gara, finale di Grand Prix a Torino, Italia, quindi terreno neutrale, e a Torino c’erano entrambi. Lo Short Program di Chen:

Ribadisco, il fatto che siano stati lanciati omaggi è percepibile solo dalla presenza di qualche flower. Free Skate:

Prima di passare a Hanyu mi sposto su Papadakis-Cizeron, visto che anche loro concorrono per lo stesso inutile riconoscimento. Ricordo che loro hanno vinto un argento olimpico (nella danza, mica a squadre), quattro ori e un argento mondiali e cinque ori e un argento europei.

Per prima cosa vado a casa loro, all’ultimo Internationaux de France. Rhythm Dance:

Si vedono giusto un paio di omaggi vicino alla balaustra, all’inizio della curva, e un altro un po’ spostato, sotto la O di Seiko. Free Dance:

Quindi passo alla finale di Grand Prix. Rhythm Dance:

Anche qui intuiamo la presenza di omaggi dalla presenza di un paio di flower. Free Dance:

A onor del vero ricordo che a Torino Alina Zagitova ha ricevuto più omaggi di Chen e Papadakis-Cizeron messi insieme, ma visto che lei non concorre per questo stupido premio non inserisco screenshot suoi. Se volete fare un controllo i video su youtube si trovano.

Per Hanyu inizio da lontano, da prima del secondo oro, sia quello olimpico che quello mondiale, giusto per notare che è da anni che ha un gran numero di fan. Semplicemente con il tempo sono aumentati. Questa è la finale di Grand Prix 2016, a Marsiglia, quindi non a casa di Hanyu, che all’epoca aveva vinto un solo titolo olimpico e un solo titolo mondiale.

Lo riconosco, la borsetta azzurra che si vede abbastanza in centro è uno sbaglio, la signora voleva lanciare un peluche e ha lanciato la prima cosa che si è ritrovata in mano. Gli altri però sono omaggi veri, e se ora con lui siamo abituati a ben altro, vorrei sapere quanti pattinatori ricevono questo numero di omaggi. Mi è capitato di vederne tanti in passato, per Michelle Kwan a un campionato nazionale, o per Mao Asada al Campionato del mondo 2014, in Giappone. Per loro sono stati episodi più occasionali, ma che dimostrano quanto avevano colpito il pubblico. Per Hanyu ormai è un’abitudine. Il Free Skate:

Complimenti agli organizzatori che hanno dotato le flower di sacchetti, così la raccolta è stata molto più rapida. Potrebbero pensarci anche altri organizzatori, invece di proibire il lancio di omaggi, come ogni tanto succede, perché per raccoglierli serve tempo.

Questo è il Campionato del mondo di Hensinki 2017. Short Program:

Free Skate:

Pessima inquadratura, ma non ne ho trovate di migliori. Con questa ripresa così dal basso si vede ben poco. Vado all’Olimpiade, in Corea, e non è che Giappone e Corea si amino. Short Program:

Free Skate:

Qui di omaggi se ne vedono pochi, ma il numero di flower presenti in pista fa capire perché il ghiaccio è così pulito, cosa che in realtà vale anche per lo Short Program. I video fanno capire molto meglio delle immagini, se siete curiosi andate a cercarli. Io ho fatto il riassunto per chi ha poco tempo. La pista di PyeongChang non è diventata gialla solo per il numero e la rapidità dei flower, se mi imbatto di nuovo nelle foto dei sacchi di peluche le aggiungo.

Grand Prix di Helsinki 2018, ora Hanyu ha già vinto due Olimpiadi e due Mondiali. Short Program:

Free Skate:

Rostelecon Cup 2018. Short Program:

Free Skate:

Skate Canada 2019, Short Program:

Free Skate:

Salto l’NHK Trophy, come già avevo saltato il Mondiale del 2019, perché si è svolto a casa di Hanyu (ricordo, però, che non ho saltato Skate America).

Finale di Grand Prix, la stessa gara a cui hanno preso parte anche Chen e Papadakis-Cizeron. Short program:

L’immagine, per quanto impressionante, non può rendere l’idea del video, con una pioggia di peluche fitta e che sembra non volersi fermare mai. Free Skate:

Ultima gara, Four Continents Championship 2020. Short Program:

Qui si è sentito in colpa per la pista invasa dai peluche e ha aiutato i flower. Free Skate:

Siamo in piena fase pioggia, ancora non è venuto giù tutto, e ricordo che molti fan hanno rinunciato ad andare a vedere la gara perché l’emergenza Coronavirus era già iniziata, anche se in quel momento in molti pensavano che fosse solo un problema asiatico. Se l’interrogativo riguarda chi abbia contribuito maggiormente a popolarizzare il pattinaggio, credo che la risposta sia evidente. Aggiungo, tanto per gradire, un’immagine della seconda parata che gli è stata dedicata, parata a cui hanno assistito 108.000 persone.

La parte più bella però è la scheda di Hanyu compilata dall’ISU. “Yuzuru Hanyu is the first Japanese male skater to win Olympic gold and the first skater to perform a clean quadruple loop in competition and surpass a total score of 300 points. He is a two-time ISU World Figure Skating Champion, ISU Four Continents Figure Skating Champion, four-time ISU Grand Prix of Figure Skating Final medalist and four-time Japanese national champion. He even won ISU World Junior Figure Skating Championship and ISU Junior Grand Prix of Figure Skating Final titles, making him one of the most decorated skaters in the world“.

E questo dice tutto. Siamo noi i poveri Fanyu ossessionati che non sappiamo perdere, non l’ISU che a ogni occasione, senza alcuna vergogna, sminuisce quanto fatto da Hanyu. Elogiamo Chen per un bronzo di squadra vinto perché i suoi compagni sono stati bravi, dimentichiamo che Hanyu di ori olimpici nell’individuale non ne ha vinti uno ma due. Due, il primo a 19 anni, nel dopoguerra solo Dick Button era più giovane di Hanyu all’epoca del primo successo. A proposito di Button… quanti pattinatori hanno vinto più di un oro olimpico? Parlo di individuale maschile, non di squadra. Faccio l’elenco:

Gillis Grafstrom, tre (1920, 1924, 1928)

Karl Schafer, due (1932, 1936)

Dick Button, due (1948, 1952)

Yuzuru Hanyu, due (2014, 2018).

Quanti pluricampioni mondiali non sono riusciti a vincere un oro olimpico? Metto il limite a tre campionati del mondo, altrimenti la lista diventa lunga.

Kurt Browning (quattro ori mondiali, primo pattinatore a eseguire un quadruplo, ma in tre partecipazioni olimpiche il meglio che è riuscito a fare è un quinto posto)

Willy Bockl (quattro ori mondiali, due argenti olimpici)

Elvis Stojko (tre ori mondiali, due argenti olimpici, primo pattinatore capace di eseguire un quadruplo in combinazione)

Patrick Chan (tre ori mondiali, un argento olimpico)

Emmerich Danzer (tre ori mondiali, nessuna medaglia olimpica)

Anche per grandissimi campioni vincere l’oro olimpico non è facile. Abbiamo in attività un pattinatore che ha compiuto una delle imprese più difficili, vincendo l’oro non una ma due volte, doppietta che non si verificava da 66 anni, e dimentichiamo di segnalarlo? Preseguendo, se allarghiamo lo sguardo Hanyu non è stato solo il primo giapponese, ma il primo asiatico a vincere l’oro olimpico nella categoria maschile. Potremmo definirlo un dettaglio se non fosse che quando sei il primo di un intero continente a riuscire a fare qualcosa significa che stai davvero spostando i limiti della disciplina.

Che si siano dimenticati di segnalare che Hanyu è stato il primo a superare anche la barriera dei 100 punti nel programma corto e dei 200 in quello libero, oltre che quello dei 300 nel totale, al confronto conta poco. Al confronto, non in senso assoluto, certo questo risultato conta, o dovrebbe contare, più di Yale (non parliamo di Waseda, non pervenuta). Avrebbe meritato una menzione anche il fatto che ha stabilito 19 record del mondo. Quello che ne ha fatti di più, dopo di lui, è stato Evgeni Plushenko, fermo a quota 13, e più in basso ancora troviamo Patrick Chan a quota sette.

Proseguendo nella biografia c’è un errore gravissimo, la menzione della conquista di quattro medaglie nella finale di Grand Prix. Sbagliato, sono quattro titoli, 2013, 2014, 2015 e 2016, solo lui e Plushenko ne hanno vinti così tanti, e lui è stato l’unico che ha ottenuto quattro successi consecutivi, diventano sei medaglie in tutto contando l’argento del 2012 e quello del 2019. Hanyu è anche il pattinatore che ha concluso il maggior numero di stagioni al primo posto del World Standings, sei, contro le quattro di Plushenko, le tre di Takahashi, le due di Patrick Chan e l’unica di Jeffrey Buttle, Tomas Verner, Evan Lysacek e Nathan Chen, ma che importanza ha il World Standings? Mica è Yale! Si, il riferimento è a quel grande giornalista che si lamentava per la bassa posizione di Chen perché ha saltato il Four Continents Championship, ma che non aveva nulla da ridire sull’alta posizione di Bradie Tennell o su quella bassa di Alena Kostornaia. A volte le ingiustizie si vedono solo dove le si vuole vedere.

Il quadro è completato dalle vittorie Junior, con un piccolo sforzo in più si poteva dire una cosa vera, che Hanyu è stato l’unico pattinatore nella categoria maschile a completare il Super Slam, ma perché dire che ha fatto qualcosa di unico quando si può andare cauti e dire che è fra i migliori? E se anche chi ha compilato la scheda può non sapere che Junichi Kawanishi per ideare il design delle medaglie dell’Olimpiade che si sarebbe dovuta disputare a Tokyo ha spiegato che a guidarlo era stata l’idea di voler accostare parti luminose ad altre più scure per rimarcare l’idea che anche gli atleti più forti attraversano momenti difficili, ma che proprio il superare i momenti più oscuri rende ancora più luminosa la gioia per la vittoria, così “come aveva fatto Hanyu superando un gravissimo infortunio per conquistare il secondo oro olimpico consecutivo”, dovrebbe almeno aver vagamente sentito parlare dell’impegno sociale di Hanyu e di quanto ha fatto per le vittime di diverse calamità naturali, non solo del terremoto in cui è stato coinvolto direttamente. Nel 2018 il Primo Ministro Shinzō Abe gli ha conferito il People Honor’s Award, un riconoscimento assegnato a personaggi dello sport, dello spettacolo e della cultura nato nel 1977. Hanyu è stato la ventiseiesima persona, e la più giovane, a ricevere il premio, che gli è stato assegnato non solo per essere riuscito a difendere l’oro olimpico, ma anche per la sua capacità di donare speranza e coraggio alle persone. Ma questo per l’ISU non conta nulla.

Se prima erano i protocolli di gara a dirci che le gare di pattinaggio sono diventate una pagliacciata, ora è lo stesso ISU a riconoscerlo, scrivendo testi talmente di parte da essere un insulto.

Edit: aggiungo alcuni tweet, io ho già scritto fin troppo (anche se avrei molte altre cose da dire, ma il tempo è quello che è)…

https://twitter.com/linda156713/status/1279308535445155840

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2 Responses to ISU e storytelling, una storia d’amore

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