Intorno a On Edge di Jon Jackson

Sonia Bianchetti Garbato ha pubblicato Crepe nel ghiaccio nel 2005. Lo ricordo bene sul tavolo della libreria in cui lavoro, e ricordo di averlo guardato. In questi anni i libri sul pattinaggio pubblicati in Italia sono stati così pochi che non posso non ricordarli. E, dopo un rapido sguardo e la lettura sul posto di parte del capitolo finale, dedicata ad alcuni dei più grandi campioni della disciplina, so di averlo posato perché poco interessata. Il sottotitolo è Dietro le quinte del pattinaggio artistico. Dietro le quinte? La politica mi ha sempre fatto schifo, e quella sportiva non fa eccezione. Con il tempo la mia opinione sui politici è solo peggiorata, quindi perché avrei dovuto leggere il libro?

Nel 2013 ho iniziato a leggere libri di pattinaggio. Per anni mi ero limitata a guardare le gare e a comprare qualche rivista, un giorno ho deciso di iniziare a leggere, anche perché la mia conoscenza dell’inglese (letto) nell’ultima dozzina danni era passata da inesistente a ottima. La biografia di Kurt Browning, innanzi tutto. Non poteva essere diversamente. Quindi Figure Skating’s Greatest Star di Steve Milton, che ha iniziato a farmi conoscere anche tutto quello che c’era stato prima che io iniziassi a seguire la disciplina. Il terzo è stato Crepe nel ghiaccio, scelto forse perché, essendo italiano, era più facile da reperire rispetto ai libri in inglese. L’ho comprato con molti dubbi, chiedendomi se non fosse inutile farlo, e invece la lettura è stata illuminante. Lo stile di Bianchetti Garbato non è eccelso, secondo me avrebbe avuto bisogno di un buon editor, ma non è questo il punto. Il punto è che lei solleva il classico tappeto e ci mostra tutta l’immondizia che c’è sotto, che molti non vedono, che non sanno neppure che è lì, e che molti altri fingono di non vedere. Quel libro è politica, parla di corruzione, di combine fra i giudici, di una democrazia che è solo apparenza, e fa capire che l’ISU avrebbe davvero bisogno di una riforma e di essere guidate da persone più interessate agli atleti e allo sport che ai loro tornaconti personali.

Ho letto il libro e sono passata oltre. Sono stata sconvolta da quelle pagine, ma io cosa potevo farci? E così sono andata avanti a guardare le gare e a leggere qualche autobiografia o qualche testo storico/celebrativo. Cosa posso fare ora? Probabilmente niente. Non sono nessuno, non ho mai ricoperto e non ricoprirò mai alcun ruolo nel pattinaggio, e quel che penso non interessa a nessuno. Ma se fossimo in tanti a parlare?

Ho iniziato a pubblicare post sul sistema di giudizio e su come vengono manipolate le gare perché mi sono stancata dei maneggi. Qualcuno ha letto quel che ho scritto. Poche persone, troppo poche, anche se so con certezza che almeno una non ha gradito. Sì, voglio dare fastidio. Voglio che l’ISU si accorga di quel che sto scrivendo e che cambi. Ma se non ci sono riuscite persone che erano al suo interno, che speranze ho io? Prendiamo il libro di Jon Jackson. Avrebbe dovuto far saltare teste, invece credo che non si sia accorto nessuno di quel che contiene. Io ho letto On Edge. Backroom dealing, cocktail scheming, triple Axels, and how top skaters get screwed perché sono stata colpita da un passaggio riportato da M.G. Piety nel suo Sequins & Scandals. Come può un libro come questo passare inosservato? Non dico che bisognerebbe prendere tutte le parole di Jackson per oro colato, certamente anche lui ha i suoi interessi personali, ma quel che dice è più che sufficiente a far aprire diverse inchieste, e invece… Invece, quando ho inserito questo libro su Goodreads fra quelli che ho letto, ho letto i commenti degli altri lettori. In molti criticavano lo stile. Lo stile? L’inglese non è la mia lingua, posso essere meno sensibile allo stile – ma sento la differenza se sto leggendo un romanzo di Guy Gavriel Kay o uno di George R.R. Martin, o un saggio di critica letteraria, quindi forse qualcosa sullo stile lo percepisco pure io – ma davvero tutto quello che di questo libro è rimasto a quei lettori è lo stile? L’ho scritto più in su, Sonia Bianchetti Garbato avrebbe avuto bisogno di un buon editor. I suoi infiniti punti esclamativi sono irritanti, e non sono l’unica cosa che non va. E allora? Non dico che lo stile non sia importante, ma nei saggi non dovrebbe essere nulla più che una nota a margine. Concentriamoci sul contenuto. Se parliamo di stile e basta è perché non abbiamo capito nulla, oppure perché abbiamo capito tutto e vogliamo fare disinformazione. Vogliamo sviare l’attenzione dalle cose importanti? Martelliamo sulle minuzie, e le persone distratte penseranno che sia l’unica cosa che conta, o che c’è da dire. L’indice dei libri proibiti non serve più, basta non parlare di libro che quel libro sparisce, come se non fosse stato mai pubblicato. O se quando ne parliamo sviamo l’attenzione su aspetti secondari e lo smontiamo, invece di concentrarci so quello che è più importante. Se in Italia vengono pubblicati oltre 60.000 libri l’anno, e gli editori stanno tenendo questo ritmo da parecchi anni, è evidente che o un libro fa davvero successo o sparisce. E i libri che vengono pubblicati in inglese sono molti di più. Potendo leggere le autobiografie di Browning, o di Scott Hamilton, o di Jane Torvill & Cristopher Dean – le ho lette tutte, e più volte sono stata sul punto di comprare My Sergei di Ekaterina Godreeva – che bisogno c’è di leggere le vicende di un qualsiasi giudice di pattinaggio? Non è per lui che ho tifato, fino a quando non mi sono imbattuta in On Edge non conoscevo neppure il suo nome. E poi il libro è di parecchi anni fa, che senso ha leggerlo ora?

Di senso ne ha parecchio, e dello stile del libro non potrebbe importarmene meno. È comprensibile, e questo mi basta. Sono passati anni, ma gli atteggiamenti non sono cambiati, e in qualche caso neppure le persone. È cambiato il modo di calcolare le classifiche, ma se non si cambia l’atteggiamento di giudici e federazioni è un cambiamento che non serve a nulla. Un esempio? Sto calcolando il National bias di tutti i giudici, ma mi serve tempo. Questo è l’inizio del mio file:

Beale Helen AUS 2,97 15,48
1 1
2,97 15,48 18,45
Hanrahan Sarah GBR 7,51 9,75
1 1
7,51 9,75 17,26
Lee Tae Ri KOR 24,75 43,51
4 4
6,19 10,88 17,07
Pethes Akos HUN 17,89 21,29
3 2
5,96 10,65 16,61
Mineo Francesca ITA 6,74 8,81
1 1
6,74 8,81 15,55
Chigogidze Salome GEO 96,35 221,81
21 23
4,59 9,64 14,23
Ozkan Silaoglu Tanay TUR 34,40 47,00
7 6
4,91 7,83 12,75
Han Bing CHN 7,71 9,17
1 2
7,71 4,59 12,30
Mondschein Larry USA 3,09 9,21
1 1
3,09 9,21 12,30
Lisova Elena UKR 55,11 93,41
11 13
5,01 7,19 12,20

Questi sono i dieci giudici che nell’ultimo quadriennio hanno avuto il National bias medio più alto. La prima riga per ciascun giudice è il bias totale sulla somma dei segmenti di gara – corto o libero – che ha giudicato, la seconda il numero di segmenti di gara che ha giudicato, la terza è la media. La prima colonna è il programma corto, la seconda il libero, la terza la somma della media di bias dei due programmi. Alcuni giudici hanno giudicato una gara sola, su valori più piccoli direi che potrebbero aver sbagliato in buona fede per inesperienza, ma qui i numeri sono davvero importanti. Vediamo il loro impatto sulle gare. Queste sono le prime sei posizioni in ciascuna disciplina ai Giochi olimpici del 2018.

1 Hanyu 317,85 Zagitova 239,57
2 Uno 306,90 -10,95 Medvedeva 238,26 -1,31
3 Fernandez 305,24 -1,66 Osmond 231,02 -7,24
4 Jin 297,77 -7,47 Miyahara 222,38 -8,64
5 Chen 297,35 -0,42 Kostner 212,44 -9,94
6 Zhou 276,79 -20,56 Sakamoto 209,71 -2,73
1 Savchenko/Massot 235,90 Virtue/Moir 206,07
2 Sui/Han 235,47 -0,43 Papadakis/Cizeron 205,28 -0,79
3 Duhamel/Radford 230,15 -5,32 Shibutani/Shibutani 192,59 -12,69
4 Tarasova/Morozov 224,93 -5,22 Hubbell/Donohue 187,69 -4,90
5 James/Cipres 218,56 -6,37 Bobrova/Soloviev 186,92 -0,77
6 Marchei/Hotarek 216,59 -1,97 Cappellini/Lanotte 184,91 -2,01

Dopo i punteggi ottenuti da ciascun pattinatore ho indicato la distanza che li separa dal pattinatore che li ha preceduti. In un’occasione l’oro è stato deciso per meno di un punto, in due per meno di due punti. Solo Yuzuru Hanyu ha vinto con un distacco di una certa consistenza, ma nella gara maschile c’è stata comunque una differenza inferiore ai due punti fra l’argento e il bronzo. Una differenza piccola, ed errata, perché frutto di un errore del pannello tecnico. Il salto su cui Shoma Uno è caduto era sotto ruotato. Se il Technical Controller Raffaella Locatelli, il Technical Specialist Konstantin Kostin e l’Assistant Technical Specialist Ricardo Olavarrieta avessero fatto ciò che dovevano fare, il valore base di quel loop sarebbe sceso da 12.00 a 8.40 punti. Sono 3.60 punti in meno, l’argento avrebbe dovuto vincerlo Javier Fernandez. Il discorso sulle rotazioni però lo farò in un altro momento. Quello che mi interessa è la differenza di punteggi fra un pattinatore e l’altro.

Nelle gare più importanti la giuria è composta da nove giudici, e il voto più alto e quello più basso non vengono considerati, ma se due giudici si mettono d’accordo almeno i voti scorretti di uno dei due entrano nel punteggio. Due giudici si mettono d’accordo? La storia ci dice di sì, sappiamo che è successo, e se il bias è alto le medaglie cambiano colore. Immaginando un bias pari a quello dell’australiana Helen Beale (per comodità di calcolo mi limito a togliere 18.45 punti al pattinatore vittima di quest’ipotetico bias), Hanyu avrebbe fatto meno punti di Fernandez, sarebbe sceso al bronzo, Alina Zagitova con 221.12 punti non sarebbe andata a medaglia, finendo alle spalle di Satoko Miyahara, Aljona Savchenko/Bruno Massot avrebbero fatto 217.45 punti, meno di Vanessa James/Morgan Cipres, che sono arrivati quinti, Tessa Virtue/Scott Moir sarebbero scesi a 187.62 e sarebbero stati scavalcati pure da Ekaterina Bobrova/Dmitri Soloviev. È questa la gara che abbiamo visto? Bobrova/Soloviev meglio di Virtue/Moir? Miyahara meglio di Zagitova? No, e i risultati lo testimoniano. Però se Helen Beale ha potuto giudicare così la danza libera del Challenger Series Asian Trophy 2019 è evidente che c’è qualcosa che non va. Non è che perché si tratta di un giudice solo, o di una gara meno importante, che si può far finta di nulla, perché se i giudici iniziano ad assegnare i voti non per quello che viene fatto in pista ma per quelle che sono le loro preferenze allora l’intero sistema crolla. Secondo Beale, Matilda Friend/William Badaoui avrebbero proposto la sesta danza libera, il risultato ufficiale li ha visti decimi. Certo, non è stata esattamente una gara in cui i giudici hanno brillato per imparzialità, il giudice georgiano Yulia Levshunova ha avuto un bias di 13.68 punti, quello tedesco Ekaterina Zabolotnaya di 13.29 punti, quello russo Maira Abasova di 7,56 punti, quello statunitense Jennifer Mast di 6.74 punti, il più onesto è stato il cinese, Feng Huang, con un bias di 6.58 punti.

Ho scelto un giudice che ha giudicato una sola gara? Il decimo nome del frammento di lista che ho pubblicato è quello dell’ucraina Elena Lisova. Prima o poi dovrò trovare il tempo per guardare da vicino i giudici delle nazioni che una volta facevano parte dell’Unione Sovietica, per ora mi limito al suo National bias con i pattinatori ucraini. Lisova ha giudicato 11 programmi corti e 13 liberi, il valore che ho indicato è una media. In qualche gara sarà stata un po’ più onesta, in altre meno, ma la media è molto alta. Se io applico il suo bias medio ai Giochi olimpici faccio scendere Hanyu a 305.65 punti, significa medaglia d’argento e non d’oro. Zagitova scende a 227.37 punti, per lei sarebbero equivalsi alla medaglia d’argento. Per Savchenko/Massot sarebbero stati 223.70 punti, nessuna medaglia. Per Virtue/Moir sarebbero stati 193.87 punti, sarebbe arrivato il secondo argento invece del secondo oro. Il fatto che ci siano nove giudici riduce il rischio che i voti sbagliati di un giudice falsino i risultati delle gare, ma l’onestà dei giudici è fondamentale, e quella non si ottiene cambiando il modo in cui si assegnano i punteggi. Si ottiene indagando ogni volta che c’è qualcosa di sospetto e squalificando chi si comporta in modo scorretto. Ecco perché il libro di Jon Jackson è fondamentale, anche se è cambiato il sistema di punteggio e sono cambiati gli atleti: ci mostra il comportamento dei giudici e dell’ISU, e sono comportamenti che, fatti salvi gli adeguamenti alle situazioni correnti, non sono cambiati.

Quella che doveva essere una breve introduzione è lunghissima, e l’analisi di On Edge, che non ho ancora scritto, sarà senza dubbio molto più lunga, al punto che sto iniziando a pensare che dovrò dividere il testo in più parti. Per ora mi fermo qui, prossimamente mi concentrerò davvero sulle parole di Jackson e sulla loro importanza.

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3 Responses to Intorno a On Edge di Jon Jackson

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